Tra i tanti luoghi in cui un educatore o un’educatrice si trova a svolgere il proprio lavoro, il corridoio è un ambiente inconsueto e inaspettato.
Il progetto Eu – Noè: Educare in Comune, svoltosi presso l’Istituto Comprensivo Parini di Camposampiero ha permesso di sperimentare una nuova forma di accompagnamento e sostegno ai minori, nello specifico di studenti e studentesse delle classi prime e seconde della Scuola Secondaria di Primo Grado, con difficoltà nell’impostare ed utilizzare un metodo di studio e nell’organizzazione del lavoro scolastico.
Questo tipo di attività di “scaffolding” prende il nome di educativa di corridoio; ciò vuol dire che educatore e studente stazionano in corridoio per sviluppare la loro progettualità? Certamente no. Il corridoio è una metafora: prima di tutto è il luogo della curiosità fugace del tipo: “Chi è questa nuova prof.? È veramente una prof o che ruolo ha? Per quale motivo è qui?”.
In secondo luogo rappresenta l’informalità in quanto non è un’aula in cui il docente ha posto sulla cattedra e l’alunno al banco.
Infine, il corridoio è luogo di incontro, di scambio di parole e gesti tanto con gli studenti quanto con gli insegnanti; ecco perché il nome educatore di corridoio è emblematico.
L’intervento che ci troviamo a svolgere punta a suscitare la curiosità delle studentesse e degli studenti che ci vengono indicati dai professori per poter trovare il modo più funzionale e coinvolgente di lavorare in rapporto uno a uno, in un setting diverso dall’aula, in uno spazio dedicato, dove non c’è la stessa formalità che si crea nella relazione tra un docente e un discente. Studenti e studentesse sono liberi di scegliere se darci del lei o del tu, ma spesso, rotto il ghiaccio iniziale, si innesca quella giusta relazione che permette loro di comprendere meglio dove si trovano cogliendo l’opportunità di un supporto tutto per loro. Per la buona riuscita del lavoro è di fondamentale importanza la collaborazione con il corpo docente, il quale non solo dà indicazioni sugli obiettivi di lavoro con gli alunni/e ma riporta le proprie percezioni sullo studente o sulla studentessa lasciando spazio e tempo all’educatore di conoscere e scoprire le potenzialità e le fragilità del ragazzo o della ragazza.
Questo genere di proposta è sicuramente virtuosa sia perché garantisce un aiuto diretto a chi, per varie ragioni, non riesce a stare al passo con i ritmi di un eterogeneo gruppo classe, sia perché permette ai docenti il confronto con un occhio esterno che può dare nuova luce sulle situazioni dei loro studenti, per trovare il modo migliore per stostenerli.
Gloria, educatrice La Esse
Ripensando a questa esperienza, sento che l’Educatore di corridoio per me è presenza, è il contatto costante con chi vive la scuola, è farsi riconoscere passando tra le classi, raccogliendo sorrisi, saluti e qualche abbraccio. È avere il privilegio di notare quando l’umore dei ragazzi cambia, di essere chiamati a voce alta dalla parte opposta dell’atrio per sentire: “Ho preso 7 nella verifica di inglese!”, ma anche sentirsi confidare, sussurrando, che nella propria classe ci si sente esclusi e poco considerati, chiedendo un appoggio e un luogo sicuro dove poter esprimere il proprio malessere. È avere un obiettivo comune, condiviso tra educatore e ragazzo/a, cercando la motivazione e la spinta a far meglio, ascoltando i desideri e le fatiche di ciascuno. Essere Educatore di corridoio a volte è anche frustrazione, è sentire che nonostante tutto l’impegno, il nostro lavoro non basta, è anche saper chiedere aiuto e supporto. Per me, educatore di corridoio, è entrare in punta di piedi nella relazione con i ragazzi, e chiedergli il permesso di stargli accanto per percorrere un pezzo di strada assieme, avendo il privilegio di osservarli da vicino.
Alessia, educatrice La Esse